PILLOLE DI STORIA – LA FORNACE CAVASIN 3
Come abbiamo accennato nell’ultima “Pillola”, la storia della Fornace Cavasin di Spinea si sviluppa nell’arco di 75 anni, durante i quali non perde mai il carattere di azienda familiare e impiega al massimo una settantina di operai.
All’inizio la produzione era basata quasi esclusivamente sulla disponibilità della mano d’opera reperibile localmente a basso costo e solo gli operai specializzati per il funzionamento del forno venivano dal trevigiano. Solo molto più tardi vennero avviati processi di modernizzazione industriale.
Il limitato sviluppo iniziale della fabbrica ed il funzionamento del forno solo stagionalmente, uniti alla stretta connessione con l’attività agricola che il lavoro della fornace mantenne nei primi decenni di attività, spiegano il tardivo sviluppo industriale e tecnologico.
Mancava anche un vero e proprio quartiere per gli operai addetti alla fornace, appositamente creato nelle vicinanze dell’impianto, cosa che invece ha caratterizzato molti altri impianti veneti di produzione dei laterizi. A Spinea venne edificato un solo fabbricato, tutt’ora esistente anche se trasformato, per alloggiare gli addetti della fornace e le loro famiglie. Altri operai si costruirono da soli la casa nelle aree non lontane dall’impianto, prevalentemente lungo via Rossignago.
Riepiloghiamo le fasi di vita più importanti della fornace.
La prima documentazione ufficiale che testimonia la presenza dell’impianto è una mappa del 1897 del Catasto Austro-Italiano.
Un atto notarile del 08.06.1900 testimonia l’acquisto della fornace e dei terreni circostanti da parte del dr. Vittorio Friedenberg dal precedente proprietario Giovanni Battista Rossi, che probabilmente l’aveva costruita. Nello stesso giorno il signor Luigi Cavasin, con altro atto notarile, affitta sia l’impianto di produzione dei laterizi che l’azienda agricola posta sui terreni adiacenti.
Nel 1921 Angelo Cavasin, figlio di Luigi, che già conduceva l’impianto e l’azienda agricola da affittuario, acquista tutta la proprietà dal dr. Friedenberg e ne diventa il titolare. Nel 1925, nella denuncia di attività presentata alla Camera di Commercio, dichiara di condurre l’impianto dal 1911 e di dare lavoro a venti operai (probabilmente da quell’anno era in funzione il nuovo forno anulare).
Dal 1936 inizia una fase di riorganizzazione della produzione. L’impianto viene ristrutturato radicalmente per far fronte all’accresciuta domanda e alla diversificazione dei prodotti. Bisogna trovare un soluzione al problema dell’essiccatura, ancora basata sull’azione del sole e della ventilazione naturale, superando così la stagionalità della produzione. La fornace viene quindi sopraelevata e gli stellaggi (impalcature di legno usate per fare essiccare i prodotti) vengono lì collocati, in modo da sfruttare sia il flusso di aria calda proveniente dal forno che i raggi solari sul fronte est.
(interno del forno-essiccatoio con impalcatura in legno e serramenti a bilico per l’asciugatura dei prodotti)
Sul finire degli anni ’30 arriva in zona l’energia elettrica e vengono effettuate ulteriori innovazioni dei processi la lavorazione, prima completamente eseguiti a mano.
Negli anni ’40 i prodotti sono oramai diversificati e specializzati ed i più richiesti sono i mattoni pieni. Vengono usati non solo per la costruzione di abitazioni civili ma anche per la realizzazione di infrastrutture come i ponti della linea ferroviaria Mestre-Padova.
Durante la seconda guerra mondiale la fornace prosegue ininterrotta la sua attività, anche grazie al fatto che il comando militare tedesco commissiona prodotti usati per la costruzione di postazioni difensive in Germania.
(vista esterna del forno-essiccatoio)
Dopo il 1950 gli impianti vengono nuovamente ristrutturati ed ampliati e l’attività prosegue fino ai primi anni ’70. Nonostante la crescente domanda, i problemi dovuti ad un mancato rinnovamento delle tecnologie produttive, ferme a 20 anni prima, la difficoltà di reperimento delle argille a basso costo, che provenivano da cave sempre più lontane, e la strada che serviva il sito, ormai inadeguata, resero la produzione sempre meno competitiva sì da arrivare, nel 1973, alla chiusura dell’impianto, ormai abbandonato al proprio destino, nella condizione di degrado sotto gli occhi di tutti.
(fonte: “La Fornace Cavasin di Spinea” – G. Riva)
(7 marzo 2018)
D. B.