PILLOLE DI STORIA – TERRITORIO E VILLE DI SPINEA DAL 1600 AL1700
I lavori di sistemazione dei corsi d’acqua e dei terreni intorno a Spinea, attuati come abbiamo già visto dal 1600 circa, danno in breve tempo i loro frutti.
Vengono rilasciate numerose concessioni d’acqua per irrigazione, pesca (es. ad Alvise Barbarigo nel 1676), uso domestico e per attivare molini.
Aumentano le aree coltivate a vite o colture e questo porta all’inserimento di nuovi lavoranti che pagano un canone annuo di affitto in prodotti agricoli (vino, legumi, miglio, sorgo, biade) oltre ai tributi “di deferenza” (galline, capponi, polli, oche).
Si ha così una importante crescita demografica: i comunicandi (i fedeli dai sette anni in su) che tra il 1467 ed il 1599 erano aumentati di sole cento unità, nei due secoli successivi raddoppiano da settecento a millequattrocento.
Di conseguenza cambiano anche le case rurali, che ora hanno muri in laterizio, potendo sfruttare le numerose cave d’argilla emerse con il prosciugamento dei terreni. Vengono costruite secondo lo schema delle abitazioni dei massari: un portico con architrave e l’esposizione a sud, le stanze sono distribuite circolarmente intorno al fumaiolo centrale, le aperture sono basse e strette, è presente un pollaio ed un deposito per gli attrezzi.
Altri importanti mutamenti nell’organizzazione del territorio e della sua vita si hanno tra la fine del 1600 e per tutto il Settecento.
Alle attività della nobiltà si sovrappone la baldanza della borghesia. La casa di campagna non è più al centro dell’organizzazione della vita agraria ma diventa luogo di svago e di villeggiatura. Vi si organizzano occasioni di divertimento, feste e giochi, e diventa spesso palcoscenico per avventure galanti.
C’è chi si indebita per acquistare un immobile, anche di dimensioni ridotte “strapagando il doppio di quel che valeva” (cit. C. Goldoni), non volendo sfigurare e conducendovi una vita dispendiosa, superiore alle proprie possibilità economiche, ma richiesta dal rango sociale.
A Spinea, per far fronte alla crescente domanda, vengono suddivisi i terreni e si moltiplicano le proprietà: nel 1781, a nord della strada per Mirano, si contano 69 contribuenti, in gran parte veneziani, tra cui 20 nobili, 5 monasteri e due ospedali.
Non è più importante l’ampiezza del fondo, ma la funzionalità del palazzo rispetto alle nuove esigenze. Per questo si aggiungono ali e porticati (ville Saviane e Simion); si trasformano le barchesse in foresterie e scuderie (villa del Maino); si adornano le facciate con cornici, timpani, balaustre e vengono abbelliti anche gli interni con stucchi e specchi (ville Facini e De Mitri).
Si curano anche i giardini, che soppiantano gran parte delle vecchie corti: viali, prati erbosi, aiuole e specie arboree vengono disposti secondo schemi geometrici e adornati con statue in piante di limoni in vaso. Più tardi arrivano anche laghetti, montagnole, colombaie e cedrere per la protezione invernale degli agrumi (ville Barbarigo, Cappello, Morosini, Saviane, Zampironi).
(ville Saviane e Zampironi)
Anche la fede diviene un segno di distinzione: sempre più privatizzata perché organizzata in piccole chiese di proprietà, chiamate oratòri. Se ne contano quindici nel 1748 e ventisette nel 1791. Vi si svolgono sia le messe che le pratiche di devozione verso la Madonna ed i santi cui erano dedicate, pur tuttavia in maniera discontinua. Il loro utilizzo è infatti legato alla ridotta capienza dei locali ed alla presenza di un sacerdote, oltre che ai “legati”, cioè ai benefici lasciati in eredità in cambio di officiature in favore dei vivi e dei defunti. Quest’ultima pratica di destinare cospicue somme di denaro per il culto permette in molti casi la creazione di istituzioni che prevedono il mantenimento dei sacerdoti con l’obbligo di residenza e la mansione di celebrare messe quotidiane. Si garantisce così che le funzioni non siano più saltuarie, legate cioè al periodo di villeggiature dei proprietari. Permette anche di dichiarare alcuni oratori “pubblici”, cioè aperti a tutti e sussidiari della chiesa parrocchiale, come le cappelle dei Pusterla, Grillo, Bon e Barbarigo nel 1748, 1757 e 1769.
Un altro aspetto importante è la disposizione delle ville. Non sono più edifici isolati in nome della pace agreste, ma sorgono una accanto all’altra, vicino alle strade principali, separate spesso da pregevoli recinzioni. Così avviene tra Spinea ed Organo e lungo il primo tratto di via Rossignago.
Commercianti, artigiani e servitori costruiscono piccole aggregazioni edilizie presso gli incroci viari, la chiesa, le taverne e vicino alle fermate dei postiglioni. Sono costruzioni a schiera che comportano molti vantaggi, come il risparmio energetico dovuto all’esposizione esterna su solo due lati e la presenza di un piccolo cortile ed orto privati sul fronte opposto all’ingresso. Caratteristiche strutturali destinate ad essere riprese ed elaborate nei secoli successivi.
(fonte: “Villa Simion a Spinea” di G. Conton e S. Di Giusto)
D.B.