PILLOLE DI STORIA – VILLA SIMION (prima parte)

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Conosciamo tutti oggi villa Simion come sede della Biblioteca comunale di Spinea, ma cosa sappiamo della sua storia? Proviamo a raccontarla.

La prima apparizione dell’edificio avviene nel 1711, quando i fratelli Carlo e Giuseppe Gallino denunciano all’Estimo una chiesura nella villa di Spinea. Si tratta di un appezzamento chiuso, di tre campi, sul quale “si va fabbricando un casino, qual teniremo per proprio uso, havendo getata à tera una casetta che vi era sopra, e il terreno si ridurrà in brolo pure per proprio uso” (abbiamo già visto in precedenza che il brolo era un terreno destinato a frutteto e vigneto).

I Gallino non sono nobili ma sono sicuramente facoltosi, forse artigiani, abitanti nel sestiere di San Marco, e decidono di edificare uno stabile confortevole lungo la via principale di Spinea secondo la moda del tempo. L’importante infatti non è avere una base per la conduzione del fondo agricolo, per quello basterebbe la casa di un massaro, ma è importante possedere una dimora da villeggiatura dove invitare parenti e amici e magari qualche nobile di rango, anche se barnabotto, cioè povero.

(ipotetica ricostruzione della villa nella prima metà del XVIII secolo)

Probabilmente per guadagnarci, casìno e brolo vengono venduti nel 1728 ad un altro veneziano, Antonio Gasparini da Cannaregio. Anche il nuovo proprietario non è nobile, ma appartiene ad una famiglia certamente agiata. Nelle cronache del tempo con il cognome Gasparini risultano un pievano, un compositore musicale, un autore di epigrammi polemici contro la Serenissima Repubblica, un evaso per debiti divenuto poi noto affarista e banchiere a Bruxelles ed alcuni mercanti di mercerie, sete e broccati. Antonio probabilmente appartiene a quest’ultima corporazione, che è una delle più ricche del tempo, e vuole reinvestire i propri guadagni in terraferma in una costruzione che non abbia nulla da invidiare a quelle dei nobiluomini patrizi.

Ordina il totale rifacimento del palazzo che avviene in breve tempo e nel 1740 egli denuncia una “casa dominicale con suo giardino, brollo di circa campi 4 et sue adiacenze”. Indica cioè che al centro della proprietà sorge l’abitazione del signore, con l’antistante giardino e il brolo sul retro; le adiacenze sono una serie di fabbricati come le case della servitù, la stalla, la cantina e il granaio.

Non manca, in bella mostra, l’oratorio dedicato alla Beata Vergine del Carmelo (i devoti indossavano uno speciale abitino nascosto sotto i vestiti e a cavallo delle spalle e detto per questo “scapolare”). Oltre alla Madonna, sull’altare in marmo poggiavano le statue di Antonio da Padova e Francesco da Paola, due santi molto venerati.

All’inizio la villa viene usata solo dai proprietari e dai loro ospiti. Poi, quando ad Antonio subentra il figlio Giuseppe (Iseppo), la sua mentalità commerciale lo spinge a ricavarne ulteriori guadagni e la villa viene così affittata ad un ramo della nobile famiglia Michiel.

Nel 1769 e nel 1791 sono i N.H. De Michaelis o Michieli ad aprire le porte dell’oratorio per l’ispezione del Vescovo di Treviso, ricevendone gli elogi per l’ordine e la custodia.

Mancano due anni dalla caduta della Serenissima, è il 1795 e Giuseppe Gasparini, ormai vecchio, vende i suoi beni di Spinea a Francesco Occioni, membro di una famiglia di notai veneziani e probabilmente già proprietario di un altro fabbricato contiguo alla villa in direzione est.

Continuiamo alla prossima Pillola….

(fonte “Villa Simion a Spinea” di G. Conton e S. Di Giusto)

D.B.

(21 marzo 2018)


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