PILLOLE DI STORIA – VILLA SIMION (seconda parte)

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Abbiamo lasciato la nostra villa Simion e la sua storia al 1795, quando Francesco Occioni la acquista da Giuseppe (Iseppo) Gasparini.

Nel 1805, a cause delle Notifiche indette dalla dominazione francese, Occioni è costretto a far stilare dal suo architetto di fiducia una denuncia scrupolosa e dettagliata degli edifici   “… il suddetto stabile è configurato in pianoterra, una sala, quattro stanze; ascendendo due rampe di scale di pietra, in primo piano trovasi un portico illuminato da pergoli e quattro simili stanze. Ascendendo pure altre due rampe di scale di legno, conducenti in ultimo piano, serve ad uso di granaio, ove esiste anco pìciol ricavato camerino rinchiuso da parti di tavole, sottocoperti di legname, tavolle e coppi. Lateralmente a detto stabile avvi attaccato due terrazze sostenute da archi in cotto, balaustrate sono da colonnette, quelle serve da comunicazione sive passatizio ad una adiacenza verso ponente, che nel piano susseguente esistono tre camerette e due picioli caminetti; e discendendo la scala di pietra si ritrovano cucina, e consecutivo tinello, e mezzanino. Questa parte di fabbrica ora rimane mutilata, perché in attualità di lavoro, essa adiacenza va poi ad unirsi con l’oratorio respiciente la strada comune. La terrazza a levante avvi pure attaccata altra adiacenza, che contiene una càneva, picciola scuderia di due poste, con superiore tezza, e luoghi in uso della gastaldi, più forno, e due piccioli orticelli. A mezzodì avvi un pezzo di terra prativa, qualle compreso anche il fondo delle fabbriche, ed orticelli sono della quantità di campi, a misura trevisana, numero tre.

(denuncia degli immobili presentata da Francesco Occioni nel 1805)

Anche con le sgrammaticature e le imprecisioni del testo, è possibile trovare una descrizione della villa settecentesca come era stata voluta dai Gasparini. L’edificio centrale ricalca lo schema dei palazzi veneziani, allungandosi fino alle costruzioni minori con ripetute aperture di archi, che ingentiliscono l’aspetto complessivo e diventano corridoi di passaggio e strutture di sostegno del terrazzo superiore. Il proprietario può così accedere, attraverso il portico e la terrazza della villa alle dipendenze: la casa verso ponente, la cantina, le scuderie e le abitazioni dei servitori ad oriente.

(traccia di un’arcata dell’antico porticato)

E’ intenzione di Occioni (“in attualità di lavoro”) completare il collegamento con la costruzione di un fabbricato per unire la casa all’Oratorio, ma rimane solo un proposito, come dimostrano i rilievi catastali degli anni 1808-1810 e 1829-1831.

(la villa nella mappa del catasto austriaco del 1829-1831)

Negli anni successivi al 1810 si susseguono i cambi di proprietà della villa.

Ad Occioni segue la nobile famiglia veneziana dei Sagredo con Orsola, vedova di tal Fogaccia, proprietario fino al 1807 di villa Foresti, posta nelle vicinanze della chiesa dei SS. Vito e Modesto. Orsola, volendo arricchire la propria cappella privata, vi avrebbe fatto portare dalla Giudecca il corpo di S. Liberato, un abate cartaginese morto martire nel 454. Questa “santa” reliquia viene più volte controllata nelle visite vescovili, che ne rilevano il deperimento, la profanazione e l’assenza di autenticità (1908 e 1924).

Ad Orsola Sagredo segue Pietro Fedeli, “crudelmente rapito dal morbo asiatico” come ricorda una lapida che moglie e figlio fecero affiggere nel 1836 nella cappella.

La villa viene allora data in affitto ad una coppia di notabili di Spinea, la signora Sugana-Pettenello e il dottor Pietro Carnielli. Quest’ultimo è lo stesso che nel 1849 si fa costruire all’inizio di via Matteotti un casìno dallo stile eclettico, con frontone barocco e merlature medioevali, demolito tra le polemiche nel 1980.

In seguito la costruzione appartiene, per circa vent’anni, a Luigi Pescarolo e nel 1873 passa in eredità ai cugini Andrea, Chiara e Giovanna Redetti, della nobile famiglia veneziana a cui apparteneva la moglie di Pescarolo, Margherita, sepolta insieme a lui nella navata dell’Oratorio.

(le tombe del dott. Pescarolo e della moglie Margherita Redetti all’interno dell’Oratorio)

La famiglia Redetti opera importanti modifiche strutturali che permettono l’aumento a cinquanta del numero dei vani della proprietà. L’ampliamento permette di aumentare il numero delle unità abitative concesse in locazione e gli introiti servono a curare la manutenzione del corpo centrale, ancora adibito ad abitazione principale, ma servono soprattutto a pagare le ingenti tasse imposte sui grandi beni immobiliari dalla legge Siccardi.

Nel 1907 Giovanni e Antonio Orlandini, borghesi veneziani, rilevano la villa, ma la rivendono dopo soli cinque anni a Giovanni e Giacomo Bortoluzzi.

Nel 1934, passa, con ancora un’ipoteca risalente ai tempi dei cugini Redetti, ad una banca di Verona, l’Istituto di Credito Fondiario delle Venezia (e anche questa sembra una storia dei nostri tempi..)

La lunga storia di villa Simion continua nella prossima Pillola…

D. B.

(fonte “Villa Simion a Spinea” di G. Conton e S. Di Giusto)

(25 marzo 2018)

 

La prima parte della storia di Villa Simion si può leggere qui


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