Severance Re-Tour-n 31 agosto 2018 a Spinea
Nel dizionario inglese la parola Severance significa “separazione”, a Spinea invece è il nome di un gruppo di musicisti, ma ancor prima di amici, capace di ritrovarsi con lo stesso immutato entusiasmo a 27 anni dall’ultima esibizione.
L’occasione sarà il 31 agosto a Spinea in una serata che si annuncia come uno degli eventi clou dell’annuale Fiera di Spinea.
Desiderosi di conoscere qualcosa in più di questo gruppo, di cui troviamo in rete recensioni importanti, io e Arjuna una sera incontriamo Gable e Al, il cantante e il chitarrista, che ci raccontano la loro storia, facendoci fare letteralmente un tuffo nel mondo delle band rock degli anni ’80.
Come sono nati i Severance? Quando avete iniziato?
Al: Le prime audizioni per i batteristi le abbiamo fatte in Patronato a Santa Bertilla, c’era uno stanzino sotto il teatro. Io provavo con loro con la chitarra e Gable ascoltava da fuori, per lasciare più libertà e ascoltare in modo più veritiero quello che veniva fatto. Era a cavallo tra il 1984 e il 1985, perché ai primi di settembre del 1985 abbiamo suonato nel nostro primo concerto.
Che tipo di rock e chi scriveva musica e testi?
Al: Il nostro era un rock energico. Erano anche gli anni in cui in Italia c’era il movimento underground Heavy-Rock e infatti, se siamo nell’Enciclopedia del Rock tra i gruppi underground anni 80 che hanno fatto la storia del rock italiano, è perché, prima di tutto, facevamo musica nostra. Io ho scritto gran parte della musica e Gable i testi.
Ci siamo chiusi un mese a casa di Gable per comporre e abbiamo scritto i primi quattro pezzi che ci servivano per un demo.
Il nostro non era il metal di adesso. La nostra musica, come altre in quel periodo, era una proposta diversa.
Come avete fatto a “fare il passo in più”?
Al: Max Jannantuono, il nostro batterista, ha fatto l’aggancio perché al tempo suonava anche con il Bluesman Guido Toffoletti, nostro amico, il quale ha parlato di noi a due produttori, che all’epoca erano in RAI con il format “Quelli della Notte” di Renzo Arbore. Loro una sera hanno preso un aereo e sono venuti ad ascoltarci in un locale a Milano. Tra l’altro noi eravamo anche un po’ i pupilli della PFM (Premiata Forneria Marconi ndr), band storica italiana. Infatti quel concerto lo ha aperto Di Cioccio, ci ha presentato e ha suonato un po’ la batteria.
Gable: Facevano una serie di concerti di realtà italiane, si chiamava Milano Intercity. Se poi vogliamo osservare la cosa da più angolazioni bisogna dire che noi non eravamo prettamente heavy metal. Eravamo un gruppo che faceva del progressive e poi, al di là che tutta la nostra prima produzione è in inglese, la seconda produzione è stata un rischio e un azzardo perché in italiano. Cosa che non faceva nessuno, anzi, era severamente vietato. Tutt’ora delle scuole di pensiero dicono che nel rock non ci può stare la lingua italiana, cosa che non è vera per niente.
Eravamo il prosequio di un certo tipo di progressive che finiva con la Premiata Forneria Marconi, Banco e tutta una serie di altre formazioni. L’interesse di Franz Di Cioccio e Mauro Pagani, al tempo, era basato su questo: potevamo essere interessanti a livello produttivo perché portavamo avanti un percorso fatto prima da loro. Quando Di Cioccio ascoltò il nostro demo ci chiamò immediatamente a Milano e ci fece suonare in diversi eventi. Il problema fu che eravamo prodotti a Roma e i nostri produttori non ci lasciarono liberi.
Quali concerti e esibizioni ricordate con più piacere?
Al: Senz’altro l’Heavy Metal Festival a Milano, quanto abbiamo fatto da spalla ai Motorhead.
Gable: Ci siamo trovati proiettati a livello internazione, fare da supporto ai Motorhead voleva dire essere supporter delle leggende.
Al: Era uno dei primi Metal Festival realizzati in Italia, ed era il 1986. Siamo partiti da Spinea per andare a suonare con loro.
In quel periodo provavamo in una sala che ci eravamo fatti a Porto Marghera, nella banchina ai molini. Siamo stati i primi a realizzare una sala prove al Porto di Marghera.
Gable: Prima io avevo una vecchia soffitta e ci trovavamo lì per suonare. Avevamo preso una trentina di materassi e li avevamo appoggiati tutti ai muri per non disturbare nessuno, quindi immagina in che condizioni si suonava, però dovevamo risolvere il problema acustico.
Al: Suonavamo a volumi esagerati. Anche a Milano, era la prima volta che suonavamo con 70 mila watt e alla prima chitarrata che ho tirato ho sentito i pantaloni muoversi per lo spostamento d’aria (ridono entrambi mentre ricordano…).
Gable: Il Festival doveva tenersi al Palatrussardi, appena costruito, ma mancavano i certificati, così venne fatto al Teatro Tenda Lampugnano, struttura che conteneva ottomila persone.
Ricordi e emozioni di quella esperienza?
Al: Ricordo una scena, quando siamo montati sul palcoscenico e abbiamo fatto queste tre passerelle per entrare in scena, c’erano tutti i tecnici che avevano creato un corridoio e ci battevano i pugni sulle spalle per pomparci e darci la carica.
Gable: Sì, perché quando sali in palcoscenico e hai questi trentamila fari puntati contro non c’è ossigeno, vai in apnea, se non sei carico. Devi avere l’adrenalina che va a duemila all’ora e loro, i tecnici, lo sanno, per cui ti caricano finchè non entri.
E’ stata un’esperienza fortissima e abbiamo fatto venticinque minuti tutti tirati e senza problemi, benché all’inizio siamo stati assaliti da sputi e lattine. Eravamo gli openliner, suonavano le leggende e noi non eravamo quasi nessuno. Poi, quando abbiamo iniziato a suonare hanno smesso. Ho tirato un bell’urlo, e con 70 mila watt si sente, credo sia arrivato a San Siro, non avevo mai tirato un urlo del genere. C’è stato un momento di silenzio, poi siamo partiti ed è andato tutto bene. Questo ce lo racconta poi anche un giornalista di True Metal che era presente e che ho conosciuto poco tempo fa per un’intervista e ancora se lo ricorda.
Proseguiamo con i racconti dei concerti con cui hanno girato tutta l’Italia, accolti ogni volta da qualche migliaio di persone, tanto che a volte rimanevano stupiti anche loro dall’accoglienza che ricevevano e saltano fuori dalla memoria altre chicche.
Gable: A Roma abbiamo suonato al Big Mama. Era il tempio del jazz, per cui figurati quando noi siamo andati a suonare lì. All’inizio c’era una freddezza inaudita, di quelle che ti tagliano le gambe. Noi non abbiamo avuto paura di niente e siamo andati belli tosti e alla fine siamo piaciuti.
Siamo arrivati fino in Sicilia. Lì abbiamo suonato a Cefalù, con Rai Tre, ad una manifestazione che si chiamava Cantamare e di quella serata abbiamo un aneddoto. Il regista ci aveva detto che era tutto in play back e che non voleva vedere chitarre o altri strumenti e allora noi ci siamo arrabbiati. Al è andato a comprare una chitarrina di plastica e io ho cantato con il phon dell’albergo per cui abbiamo creato scompiglio tale che il regista si era incazzato.
Al: Eravamo rock e non avevamo paura di niente. Ci divertivamo, eravamo provocatori. Eravamo contro tante cose, eravamo contro a prescindere, la nostra critica andava in ogni direzione.
Siamo stati anche i primi a suonare al Parco Nuovo Gemme, sul palco di cemento, il concerto di esordio dei Severance del 1985.
(il concerto del 1985 al Parco Nuove Gemme)
Gable: Con la corrente che lasciava a desiderare. Dovevano esserci un tot di chilowatt e invece non corrispondevano… Il 31 ci sarà, dopo più di trent’anni, lo stesso tecnico di quella volta, ci ha detto “voglio darvi la corrente che meritate”. Lui è in tournee con Momi Ovadia da circa dodici anni, è stato il fonico di Pino Daniele, Saxon e molti altri e vuole esserci.
I vostri testi di cosa parlavano?
Gable: Di strada, di vita: dalla droga, all’amore, alle sensazioni, ai sogni, alle idee strampalate. Non eravamo schierati politicamente e non ci abbiamo mai tenuto. Eravamo contro tutto e contro tutti, ma comunque pacifici, a noi interessava divertirci ed è quello che abbiamo sempre fatto.
Come avete imparato a suonare?
Al: All’epoca non c’erano tutti i libri che ci sono adesso, né i tutorial di You Tube. Mettavamo su un disco e con il dito lo rallentavamo per capire cosa facevano, magari per una scala particolare… Oltre lo studio della musica classica Non c’era nulla di quello che c’è oggi per cui dovevi ingegnarti per imparare il Rock. C’era il Bona, come libro di teoria musicale tanto per imparare i fondamentali, ma per il resto bisognava ascoltare e provare a rifare.
Facendo così, però, ognuno si creava una personalità sua, mentre adesso si omogeneizza tutto e tu non riconosci uno da un altro.
Gable: Molti dei grandi degli anni ’70 e ’80 erano autodidatta. Adesso è tutto molto piatto e poi ci mancavano i talent che hanno raso al suolo il resto.
Come è nata la vostra Reunion per la serata del 31 agosto?
Al: E’ stata una telefonata di Agostino Scatto della Proloco Spinea che mi ha chiesto se ce la sentivamo di riunire la band e di partecipare al Festival Vintage ‘80. Ha esordito con “Sai che negli anni ’80 c’era un gruppo di Spinea molto importante?” e questa cosa, dopo tanti, ci gratifica molto. Tutti hanno accettato subito.
Gable: Saremo in nove, perché due saranno le formazioni che presenteremo. Una formazione farà la prima parte, con le nostra produzione in inglese, e una farà la seconda parte con il disco in italiano.
Al: Abbiamo un ospite, Andrea Bassato, il violinista delle Orme.
E poi abbiamo un altro ospite. Il primo bassista della nostra formazione è mancato molto giovane, aveva lasciato il gruppo quando la moglie era incinta ed è mancato poco dopo. Il figlio nel tempo è diventato un musicista professionista e verrà ad onorare suo papà con un pezzo inedito che abbiamo composto assieme a quel tempo e che verrà presentato a Spinea per la prima volta.
Gable: E’ il primo pezzo in italiano che noi facciamo nell’86 ma che avevamo messo in disparte perché eravamo convinti facesse troppo “Vasco Rossi”…
Al: Ascoltando i nastri per fare la scaletta ad un certo punto viene fuori questo pezzo registrato in sala e siamo rimasti così: è bellissimo….
Sul palco ci sarà anche una ragazza di Spinea, Mara, una cantante molto brava.
La formazione completa che suonerà il prossimo 31 agosto, in quella che è l’unica data prevista (abbiamo chiesto più volte se ne sono sicuri e ogni volta la risposta è stata che si tratta di un evento unico) è la seguente:
Gable Nalesso (voice)
Max Iannantuono (drum)
Andrea Bassato (violin)
Mara J Boston Bortoletto (voice)
Massimiliano Trevisan (bass)
Nicola Polato (guitar)
Franco Moruzzi (drum)
Andrea Pesce (bass)
Al Guariento (guitar)
Guardiamo l’orologio e sono passate, volando, oltre due ore di piacevole chiacchierata.
Non ci resta che andare a sentire la musica di questo gruppo che, partito da Spinea negli anni ‘80, ha lasciato “un graffio” (come dice Al) nella storia della musica rock italiana.
Ci lasciamo con la promessa di rivederci dopo il concerto, per farci raccontare impressioni e sensazioni.
Grazie Gable, grazie Al, grazie Severance.
D. B.
(24 agosto 2018)